Chi sono
Poetica musicale
Navigatore solitario alla ricerca di mondi sconosciuti, Antonio Guida riempie i suoi quaderni di viaggio con percezioni ed enigmi di territori “di confine”, realtà misteriose che hanno saputo preservare la propria leggenda conservando un sacrario di intimo fervore. E il rendimento artistico diventa un tempio in cui è possibile l’incontro con sé stessi e con lo sguardo nascosto delle cose: una sorta di rifugio, di riflessione privata. Ed è proprio a principi di privatezza che questo compositore riesce meglio ad aderire, più che alla ricerca di sentimenti comuni, perché fanno a configurarsi come condizione più congeniale agli impeti del suo tormento creativo.
Artista visionario, si fregia di riuscire in una pratica di osservazione calibrata sulla disposizione di un uomo che si accosta alla natura delle cose con stupore primordiale, riuscendo a visitarle completamente depurate dalla stratificazione culturale: e allora cose, nature, leggende e fenomeni vengono portati “a zero” per poi essere genuinamente esplorati “al di sotto” di ogni sovrastruttura.
Antonio Guida
Il periodo sperimentale e le Grandi Sonate
Alla fine del 2011 Antonio Guida annuncia l’apertura di un percorso creativo dalle importanti prospettive musicali, quello delle Grandi Sonate per pianoforte, determinandone una diversa accezione formale rispetto alla sonata classica, ovvero classicamente intesa, se si fa riferimento alla formulazione dei movimenti o alla forma-sonata comunemente appartenente al primo movimento di questa struttura. La scelta della sonata per Guida deriva da un ragionamento artistico preciso: la sonata, nella storia della letteratura pianistica, ha rappresentato una struttura compositiva “ammiraglia”, l’equivalente del romanzo in letteratura e della sinfonia nella musica orchestrale. In realtà, nemmeno questo tipo di confronto giustificherebbe una divisione superiore ai quattro movimenti, piuttosto che la mancata formalizzazione del primo, visto che la sinfonia, forma di riferimento per Antonio Guida nel concepimento delle sue Grandi Sonate, più che la sonata stessa per pianoforte, rispetta comunque la propria divisione classica in tre o quattro movimenti. Le grandi sonate restano, quindi, volutamente svincolate dal numero di movimenti della tradizione e dalla forma-sonata del primo. Volendo però approfondire ancora di più le ragioni di questa scelta, dobbiamo evidenziare come la sonata per Antonio Guida, nell’essenziale parallelismo con la sinfonia, rappresenti la scelta compositiva più confacente alle sue intenzioni di creare un complesso musicale importante. L’idea fondamentale risiede nell'introduzione di un concetto di sonata per pianoforte strettamente assimilabile a quello che Mahler aveva della sinfonia: un universo immenso di espressioni, immagini, culture, elaborazioni formali e di concetto, senza trascurare la compresenza di idiomi talora diversissimi e stratificazioni culturali di varia tradizione.
Questo pensiero è sostenuto dalla monumentalità delle due opere (di qui l’attributo grande), dall'alto valore attribuito al programma letterario e/o figurativo e dal trattamento di vocazione orchestrale della compagine pianistica, volendo mutuare una sua terminologia.
Quella delle Grandi Sonate si scopre una scrittura affinata dalle esperienze dei primi lavori del 2009, periodo sperimentale di Antonio Guida, nel quale hanno visto la luce quelle che sono le espressioni di una meditazione musicale che più tardi lo caratterizzerà, identificate nell’opera-manifesto di questa linea di pensiero: la Fantasia infernale, primo complesso monumentale del compositore. Le Grandi Sonate vengono così collocate lungo la traccia aperta dalla Fantasia infernale, il cui linguaggio si dipana all’interno di un sistema che considera la semplice divisione dell’ottava in dodici parti uguali, e che può essere dipendente dal sistema tonale o da esso assolutamente svincolato. Il libero uso dei dodici suoni, unitamente al sistema tonale (che viene imbastito nel rispetto o nell’allargamento di certi rapporti sui quali si basa), diventa così un mezzo per manifestare un preciso piano comunicativo, e non una semplicistica quanto maldestra alchimia del nuovo a tutti i costi giustapposto ad una tonalità ancora fortemente incombente. Nulla di tutto questo. In realtà, il trattamento dei dodici suoni e la tonalità sono soltanto due delle possibilità che l’autore può accettare come funzionali alla realizzazione di un risultato; e qui vogliamo ancora una vota tornare a Mahler: non è la caratterizzazione storico-culturale di un sistema che possa vincolare il compositore al suo utilizzo, piuttosto è la ricerca del risultato che richiede quello o quell’altro mezzo (più che sistema, a questo punto), facendo chiarezza sulle scelte operate in un dato contesto, in un particolare momento o per uno scopo programmatico, e comunque artistico, preciso. Espedienti che, oltretutto, hanno il diritto di coesistere anche nella medesima composizione, ma sempre in ragione di precise scelte espressive. Qualsiasi mezzo, purché concorrente alla realizzazione dell’idea. Ed ecco, così, che si intrecciano sonorità ed effetti del tutto inaspettati di una tonalità che appare snaturata (o, come Antonio Guida sarà solito definirla, ricombinante) ma perfettamente integrata all’interno di un trattamento della scrittura assai più libero.
L’attributo geografico (Slovacca e Finnica), inoltre, non coglie di sorpresa, perché quella del viaggio e del libretto di appunti per Antonio Guida è pratica consolidata, come dimostrano il Taccuino d’Austria del 2009, una raccolta di tre quadretti pianistici composti dopo un soggiorno in Austria nell’anno precedente, e la raccolta di poesie Tableaux de voyage del 2001. Che si tratti di poesia o di musica è necessario ricordare come l’atteggiamento esplorativo non faccia emergere soltanto la componente esperienziale di terre visitate, ma anche di un cammino interiore e allusivo.